Lavoro sempre Lavoro
Ho appena terminato di leggere un libro che molti considerano frivolo: "La Regina della Casa" di Sophie Kinsella.
Lo so, potrebbe fare ridere, ma nella sua demenzialità Sophie racconta una grande verità: la storia di questa ragazza, Samantha Sweeting che, convinta di fare il bene per sè e per la sua carriera da avvocato, con orari folli, straordinari continui, in un mondo dove più si lavora più si è importanti, bravi, dove si è schiavi del cellulare, della e-mail, in realtà arriva poi a trascurare sè stessa.
Non un week end libero, non una relazione di affetto sincero, con del tempo strettamente passato solo con il "lui" o la "lei", senza che il cellulare suoni per lavoro.
Nemmeno il tempo per poter fare una seduta in un centro benessere, consigliatole dall'unica amica che si preoccupa di lei; abbandonata, nel giorno del suo compleanno, anche dalla madre, pure avvocato, troppo preoccupata dalla sua carriera per potersi concedere una cena per festeggiare la figlia, così come il fratello "manager".
Non è solo un libro, è la realtà per molte persone: io che mi lamento delle mie 8 ore, + 1 di mensa e 2 ad andare e tornare (11 ore della mia giornata dedicate al lavoro!!) sono solo un piccolo caso in mezzo a tanti anche peggiori: l'altro giorno ero sul treno e una ragazza raccontava di essersi sposata da un mese e che la sera sia lei che il marito tornano talmente tardi da potersi concedere giusto un panino; su un noto settimanale una ragazza si lamentava del fatto che il fidanzato torna a casa talmente tardi da compromettere il loro rapporto, in piedi quasi solo per l'abitudine.
A volte me lo chiedo: è giusto pensare alla carriera, soprattutto chi ha studiato tanto... ma sarà davvero lì la felicità? Non credo, non del tutto.
La vita è breve, e scorre veloce, soprattutto quando ogni giorno è uguale ad ogni altro, tra 4 mura d'ufficio... è normale chiederselo: cos'è tutto questo correre?
A volte mi chiedo dove in realtà stiamo andando.
18 Comments:
Lavorare per vivere o vivere per lavorare?
Il più delle volte la seconda opzione è un ripiego.
Quando dai l'anima per il lavoro, spesso è xché al di fuori di quello hai ben poco...
Soprattutto se sei un dipendente... certo, è gratificante sapere che i propri meriti lavorativi vengano riconosciuti (e magari ben remunerati), ma può il lavoro dare la felicità? Non credo...
più che un ripiego, spesso è una necessità. c'è gente che si fa il mazzo ogni santo giorno per mantenere la famiglia. certamente avrebbe altro al di fuori del lavoro, ma vaglielo a dire ai conti a fine mese....
x garguz
Beh, ma chi si fa il mazzo per mantenere la famiglia rientra nella categoria "lavorare per vivere"! Non credi?
si beh hai ragione
Mamma mia, che cultura ;-)
Cavoli.....che mondo infame!
Eh Eh Eh coccoverde che fai? Mi scivoli su una buccia di banana? Mi scrivi un articolo degno del Times e poi scrivi "poteva andarmi peggio". Ma insomma, si dice "sarebbe potuto andarmi perggio" :)
Scherzo, su!. Sono un cazzo di professorino LOL
Altri studiosi hanno teorizzato una cosa chiamata piramide dei bisogni... e, disgraziatamente forse, al posto più alto c'è una cosa chiamata AUTOREALIZZAZIONE. Ormai nel mondo post-moderno questo significa guadagnare tanto (almento agli occhi degli "altri"). E, guardacaso, sentirsi accettati è un altro degli elementi della succitata piramide.
Maslow diceva, in pratica, che non possiamo soddisfare un bisogno di categoria superiore se prima non abbiamo fatto i conti con quelli di categoria inferiore. Classificava i bisogni in questo modo:
- bisogni fisiologici (fame, sete, un tetto)
- sicurezza;
- appartenenza;
- stima;
- autorealizzazione.
La mia idea è che queste categorie siano meno indipendenti di quanto teorizzato, siano un po' concatenati. Nel senso che realizzarsi professionalmente (giusto per non divagare) contribuisce sia all'autorealizzazione, sia appaga il bisogno di stima (il gruppo in cui vivo mi apprezza e riconosce le mie qualità) e appartenenza (grazie al mio lavoro ho raggiunto un determinato status).
Ma sicuramente finché non mangio e non so dove dormire, penso a tutto tranne a realizzare sogni e appagamenti psicologici!
"sarebbe potuto andarmi perggio":
oh professorino pignolino....hai le dita atrofizzate????
Almeno se correggi gli altri cerca di rileggere il tuo testo prima d'inviare il post.
Baci :)
Sarebbe potuto andarmi peggio???????????????????
Ma è italiano????????
Quella di mark0z mi sembrava una battuta... io l'ho letta in questo modo... ha corretto coccoverde facendo anche lui un errore....
Per Oriana: ma......allora sei avanti!!!!
Brava Oriana la mia era una battuta, ma forse era troppo sottile er essere arrivata a tutti (anche se avevo messo il sorrisino a fianco al famigerato "sarebbe potuto"). Ovviamente, a scanso di equinvoci, il condizionale passato del verbo potere richiede, quali ausiliario, il verbo avere, quindi "Avrebbe potuto".
Comunque la prossima volta metterò i sottotitoli, così capite tutti.
x Oriana
"Ma sicuramente finché non mangio e non so dove dormire, penso a tutto tranne a realizzare sogni e appagamenti psicologici! "
Mah, secondo me il problema sta nel fatto che ci sentiamo sazi solo dopo aver mangiato molto di più di quanto in realtà ci serva e vogliamo un tetto molto più accogliente di quel che ci basta. Allora, presi dal vortice del benessere perdiamo di vista quel che conta davvero e prendiamo ad imitazione modelli sbagliati facendoli nostri. Interiorizziamo tanto questa mentalità da credere che sia nostra. In realtà spesso ciò che pensiamo sia frutto delle nostre pulsioni consce o inconsce non è altro che un elemento indotto (attraverso migliaia di canali, primo tra i quali la televisione) da chi tira i fili del nostro "bel paese" rendendoci degli schiavi consumisti ai loro servigi.
E' che non mi aspettavo una battuta da uno presuntuoso come te ;-)))
Infatti ti ho fatto notare l'ortografia , non il verbo.....pignolino...
dei miei stivali :)
si si certo, come no :)
E' solo un errore di battitiura, ops un altrio, ops un altrio acrora, mannaggia non si finisce mai!
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